L’importanza del patriarcato



di Elia



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… ne in illo coniugio virili sexui, utique potiori, fieret iniuria
(
Sant’Agostino di Ippona, De nuptiis et concupiscentia, I, 11)



Non sarà certo consono all’attuale spirito del tempo, anzi suonerà decisamente urtante e anacronistico questo inciso del Dottore di Ippona; eppure proprio così si esprime e dobbiamo prenderne atto, se non vogliamo censurare perfino i Padri e trattenerne solo quel che ci fa comodo, scartando il resto come presunta tara culturale di un’epoca lontana.
La tanto decantata riscoperta della patristica, operata dopo il Vaticano II, ci appare un po’ troppo selettiva quando leggiamo i testi nella loro integrità ed evitiamo di applicare ad essi i pregiudizi moderni, i quali, d’altronde, sono un fenomeno talmente recente da non poter competere con una tradizione millenaria.
Possibile che l’umanità intera – e in essa la Chiesa – sia vissuta, fino a pochi decenni fa, in completo errore circa temi di fondamentale importanza, come quelli relativi al rapporto tra l’uomo e la donna, alla costituzione della famiglia e alla struttura della società?



Ordine benefico

Nel dimostrare come il connubio tra Maria e Giuseppe, benché vissuto nella continenza perfetta, sia stato un vero matrimonio, Sant’Agostino osserva che la genealogia di Gesù riportata da San Matteo termina al marito (malgrado il fatto che non sia il padre biologico della prole) «affinché non fosse fatta ingiuria al sesso virile, senz’altro più importante».

Senza neppure prendere in considerazione quella forma di demenza che è il femminismo, ultimamente riacutizzatasi con la propaganda contro un patriarcato da lungo tempo scomparso, ci limitiamo ad accennare all’odierna tendenza clericale, non meno estemporanea e pilotata dall’alto, a rivendicare ruoli di autorità per le donne in ogni ambito.
A parte il fatto che il governo della Chiesa spetta, per costituzione divina, a coloro che sono insigniti dei sacri Ordini, tali pretese cozzano con un dato antropologico costantemente affermato sia dalla Sacra Scrittura che dalla Tradizione: la priorità dell’uomo rispetto alla donna.


Senza neppure prendere in considerazione quella forma di demenza che è il femminismo, ultimamente riacutizzatasi con la propaganda contro un patriarcato da lungo tempo scomparso, ci limitiamo ad accennare all’odierna tendenza clericale, non meno estemporanea e pilotata dall’alto, a rivendicare ruoli di autorità per le donne in ogni ambito. A parte il fatto che il governo della Chiesa spetta, per costituzione divina, a coloro che sono insigniti dei sacri Ordini, tali pretese cozzano con un dato antropologico costantemente affermato sia dalla Sacra Scrittura che dalla Tradizione: la priorità dell’uomo rispetto alla donna.

A tale proposito occorre preliminarmente chiarire l’equivoco che nasce da una mancata distinzione: quella tra la dignità ontologica, fondata sulla comune natura umana, e la dignità morale, basata sui diversi gradi di responsabilità e di merito.
Mentre i meriti dipendono dall’esercizio del libero arbitrio di ogni individuo, le responsabilità sono connesse all’ordine impresso dal Creatore alla famiglia, alla società e alla Chiesa.
Di conseguenza, la pari dignità che sussiste a livello ontologico tra l’uomo e la donna non impedisce affatto che, a livello morale, i loro rapporti siano regolati in senso gerarchico in modo da assicurare la permanenza di quell’ordine che garantisce il benessere e il retto sviluppo di ogni corpo sociale, dal più piccolo al più grande.
Dio ha voluto che l’uomo avesse il ruolo di guida e che la donna fungesse, in qualità di adiutorium simile sibi (Gen 2, 18), da necessario complemento di lui.
Solo chi sta al suo posto, riconosciuto e amato come quello giusto, è felice e sa rendere felici gli altri, a cominciare dal marito e dai figli.


Demoniaca inversione

L’apice della rivolta satanica contro Dio, estesasi all’umanità con il peccato originale, non è la semplice contestazione dell’ordine naturale, bensì la sua completa inversione.
Non potendo qui prendere in esame l’universale crisi dell’autorità, lungamente pianificata e scientemente provocata, ci limitiamo a considerare i due più gravi effetti dell’ideologia perversa che ha portato le donne a ribellarsi ad ogni potestà: a quella di Dio, a quella del padre, a quella del marito.

Il primo è la dissoluzione della famiglia, la quale, ancor prima di esser minata dal divorzio, ha perso quel fondamentale elemento di coesione e serenità che era l’angelo del focolare.
Il secondo è il genocidio silenzioso dei non ancora nati, considerati grumi di cellule o una parte del corpo femminile, quando invece tutte le evidenze scientifiche dimostrano che l’embrione è un essere umano distinto dalla madre e dotato di vitalità propria, sebbene non ancora autonoma.

L’inversione distrugge, in questi casi, l’ordine oggettivo tra beni di per sé intangibili, quali l’unità delle famiglie e la vita dei nascituri, e il puro arbitrio individuale o un preteso equilibrio emotivo elevati a valori assoluti, ossia sganciati da qualsiasi altro riferimento.
Ora, l’esercizio della libertà, senza un criterio di verità e di bene, si annulla completamente e sfocia nella schiavitù a ogni tipo di condizionamento, interno ed esterno. Il benessere psicologico, d’altra parte, è ben lungi dall’essere assicurato in uno stato di totale opposizione alle leggi dell’essere; la realtà dimostra ampiamente, anzi, fino a qual punto le donne che, in nome della loro indipendenza, hanno sfasciato la famiglia o ucciso i propri figli siano afflitte da disturbi psichici di gravità variabile, ma tutti innegabili e di ardua soluzione, non essendoci modo di riparare al male commesso.
Unica via di redenzione è una sincera conversione, seguita da un impegno intenso e leale a difesa della vita e della famiglia.


Segnali di speranza

Ignorando il frastuono terroristico della sinistra sanguinaria e sodomitica, l’attuale Governo ha reso possibile – cosa peraltro già prevista dalla legge – la presenza di membri delle associazioni pro vita nei consultori pubblici.
Lo scomposto schiamazzare delle opposizioni dimostra che si tratta di una misura efficace nel limitare i danni della famigerata Legge 194, in attesa che si creino condizioni favorevoli alla sua totale abrogazione.

Certo, l’antropologia secondo natura non consentirebbe a una donna di presiedere un governo; ciò non ha tuttavia impedito alla Provvidenza di servirsi in bene di una delle attuali storture istituzionali: meglio una madre, per quanto nubile, che un banchiere.
Questo segnale positivo sta incoraggiando altre donne (parlamentari, giornaliste, magistrati) a riappropriarsi della propria vera indole e ad agire di conseguenza, esercitando quella sana libertà di parola che gli avversari considerano un monopolio: i diritti “democratici”, a quanto pare, sono a senso unico…

Pur senza lasciarci andare a un facile ottimismo, ci sembra che stia maturando il tempo di un cambio di rotta: la cappa ideologica che soffoca il minimo dissenso in ambiti fondamentali della vita sociale pare cominciare a cedere sotto il peso della semplice evidenza. Se questa impressione è reale, si può sperare anche nell’approvazione del progetto di legge di iniziativa popolare denominato Un cuore che batte: dopo l’approdo a due commissioni della Camera dei Deputati, una maggioranza rafforzata dalle elezioni europee potrebbe convertirlo e renderlo esecutivo. In tal modo, oltre alla presenza dei volontari pro vita nei consultori, l’ecografia obbligatoria indurrebbe molte donne tentate di abortire a riconsiderare quella decisione nefasta. Favorire una maggiore consapevolezza rispetto a una scelta non significa ammettere che quella scelta sia lecita né approvare una falsa idea di autodeterminazione; è invece un atto di carità nei confronti di persone a cui non si può altrimenti impedire di commettere un delitto gravissimo.

Il recupero dell’autentica natura della donna consentirà pure all’uomo di riappropriarsi della sua identità e di riprendere il proprio posto nella famiglia e nella società a tutto vantaggio della sposa e dei figli, i quali ritroveranno in lui il naturale sostegno, difensore e modello. Così l’importanza del sesso virile riapparirà in tutta la sua benefica portata, secondo l’ordine stabilito dal Creatore e da Lui inscritto nella natura umana.
L’evidenza dell’essere, riconosciuta e liberamente accolta, riaprirà all’uomo e alla donna la via delle legittime gioie terrene, capaci di far pregustare quelle celesti, sia pure nelle contraddizioni di questo mondo corrotto. In fin dei conti, Sant’Agostino – e con lui tutti i grandi maestri di umanità e di fede – non si sbagliava; di fronte a un gigante come lui, anzi, i nani della “cultura” odierna possono solo ringhiare come botoli privi di ragione.

Riaffermiamo dunque con serenità e coraggio la semplice verità antropologica senza temere le reazioni del totalitarismo in auge; più numerosi saremo, prima rinascerà la società e, con essa, rifiorirà la Chiesa, che da quella riceve i membri e, indirettamente, anche i ministri.






 
aprile 2024
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